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Emily Dickinson è perfettamente consapevole dei limiti e delle insufficienze della parola in genere, e della parola poetica in particolare. E ne soffre costantemente, perché la parola resta comunque l'unico mezzo che ha a disposizione per mirare al centro. Certo, esiste la musica; magari - come scriveva John Keats - una "tuneless music", una musica senza suono, oppure la musica della natura, il ronzio dell'ape che - se estaticamente ascoltato al massimo grado di concentrazione e compenetrazione - diviene più alto e armonioso della più complessa sinfonia.